Secondo miglior attacco del girone B con 55 reti all’attivo (meglio ha fatto solo il Padova con 65), l’Alto Adige ha - in coabitazione con la stessa capolista - il primato di difesa meno battuta (22 gol al passivo). Numeri importanti quelli dei bolzanini di Vecchi, resi possibili sicuramente dalle prodezze balistiche di Casiraghi (12 volte a segno dall’inizio del torneo), ma anche e soprattutto dalle parate di Giacomo Poluzzi. Domenica scorsa, nell’1-0 del Druso ai danni dell’Arezzo, il portierone biancorosso ha collezionato il suo sedicesimo clean sheet in campionato. Originario di Bologna, 33 anni compiuti lo scorso 25 febbraio, Jack è approdato in riva all’Isarco l’estate scorsa reduce da un’eccellente annata a difesa dei pali della Virtus Francavilla. Raccattapalle del Bologna del suo idolo Roby Baggio da ragazzino, una volta intrapresa la carriera da estremo difensore ha vestito le maglie di Carpi, Giacomense, Este, Alessandria, Fidelis Andria e Spal. Con i biancoazzurri estensi, il 18 maggio 2017 contro il Bari, Poluzzi ha potuto coronare il sogno dell’esordio in B per poi rimanere altre due stagioni a Ferrara da terzo ma in serie A.
Cinque turni alla fine della stagione regolare, che sensazione si prova a star là in alto a cinque punti dalla vetta?
“La sensazione è sicuramente positiva, ma siamo molto concentrati per affrontare una partita alla volta e giocheremo queste ultime cinque partite come se fossero altrettante finali. Poi una volta terminate vedremo dove saremo stati bravi ad arrivare”.
Nel 2015/16, tra i pali della Fidelis Andria, Giacomo ha ottenuto un prestigioso traguardo personale mantenendo inviolata la propria porta per 753’ (più di otto partite), pur non riuscendo a raggiungere il record assoluto di Gigi Buffon (973’).
Cosa ricordi di quell’anno?
“E’ stato un bel record quello realizzato ad Andria, in una squadra che, al primo anno di professionismo, doveva salvarsi. Anche quello che stiamo facendo quest’anno è una cosa molto importante. Credo che sia alla base delle prestazioni di un portiere il fatto di dover star sempre concentrati perché, nell’arco di una partita, può capitare talvolta di toccare talmente pochi palloni che bisogna essere decisivi in quei pochi lì e di mantenere una grandissima concentrazione”.
Nervi saldi, freddezza ed equilibrio: tutte caratteristiche che possono derivare dall’aver abbracciato la religione buddista?
“Sono sei anni che sono buddista e questo mi ha sicuramente cambiato la vita in positivo. Questo mi ha aiutato molto nell’autostima, così come dal punto di vista della consapevolezza nei miei mezzi e nel guardare sempre le cose dal lato positivo. Ecco questa è stata ed è una cosa molto importante per me”.
Nel corso del campionato ti sei reso protagonista di diverse parate importanti, ce n’è una che ricordi con particolare soddisfazione?
“Quelle che ricordo con piacere, che mi son rimaste impresse, sono quella di Modena all’ultimo minuto sul colpo di testa di Scappini e il rigore parato al Cesena (a Bortolussi, ndi) al Manuzzi”.
C’è un collega di ruolo cui ti ispiri o che sia stato tuo idolo d’infanzia?
“Sono nato e cresciuto col mito di Buffon. E’ stato sicuramente un modello cui mi ispiravo da piccolo e nella mia adolescenza. Adesso guardo con molto interesse Alisson del Liverpool (ex Roma, ndi), Donnarumma e anche Oblak dell’Atletico Madrid”.
La tua carriera ti ha portato a giocare in squadre e piazze molto diverse tra loro, sia a nord che a sud dello Stivale. Quali differenze hai notato sia dal punto di vista ambientale che tecnico?
“Al sud ho trovato sicuramente delle piazze molto passionali, specialmente ad Andria. C’era un grande seguito e una grande storia, vivono soprattutto per il calcio. Devo dire però che anche al nord quando son stato a Ferrara, pur non giocando mai ho trovato un altro grande pubblico, altrettanto passionale. Un tifo che ci ha sempre sostenuto. Poi magari i campionati al sud sono un po’ più fisici rispetto a quelli del nord. Si va a giocare in piazze e in stadi molto impegnativi a livello ambientale, come clima all’interno dello stadio e questo può sicuramente influire molto”.
L’Alto Adige si sta confermando protagonista di altissimo livello: cosa manca tuttavia per fare il salto di categoria? Quali sono i punti di forza e in cosa si deve invece ancora migliorare?
“Dobbiamo pensare - conclude Jack Poluzzi prima di congedarci - a lavorare e a doverci migliorare. Veniamo messi nelle condizioni di rendere al massimo delle nostre potenzialità. Abbiamo il dovere du cercare di andare anche oltre le nostre qualità, poi vedremo a fine campionato dove saremo stati bravi ad arrivare”.
INTERVISTA A CURA DELLA REDAZIONE BRBZNEWS
(COORDINAMENTO GIORNALISTICO DI GIANLUCA RICCI)
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